La guerra tra Aragona e Genova
Cacciati via i pisani i nuovi padroni erano gli Aragonesi, il nuovo rivale della Corona era Genova.
Il conflitto nacque per un dominio sul Mediterraneo e per il dominio della Sardegna. Il problema più grave era rappresentato dai Doria e dalla Repubblica di Genova, che con i loro possedimenti in Sardegna e in Corsica, si rendevano sempre più minacciosi, in più godevano anche dell’appoggio di Savona. Genova si era resa conto del pericolo del dominio aragonese in Sardegna troppo tardi, e aveva cercato di aiutare Pisa nella guerra contro la Corona, ma senza alcun successo.
La prima fase della guerra si sviluppò tra il 1330 e il 1335 e fu caratterizzata da una intensa guerra di corsa, senza vere e proprie battaglie navali. Fino al 1332 la Corona stringeva accordi con il vicino regno di Castiglia, nella speranza di condurre una crociata contro il regno arabo di Granada.
La Corona, con l’aiuto di Majorca e Rosellon, riuscì a mettere in mare una flotta di una ventina di galere, alle quali Genovesi e Savonesi contrapposero flotte più consistenti, comprendenti tra le 30-40 galere. Le operazioni navali si limitavano ai circa quattro mesi dell’anno durante i quali una flotta poteva essere armata (sia per l’impegno economico sia perché d’inverno il mare era “chiuso”) ma quando possibile gli uni e gli altri colpivano più duramente che potevano.
Fu l’intervento di Roberto d’Angiò e del re di Francia, che voleva organizzare una crociata, e ottenne l’avvio di negoziati tra il nuovo sovrano d’Aragona, Pietro IV il Cerimonioso, che si conclusero nel settembre 1336. In cambio di una promessa di non intervento della Corona in Corsica e dell’immunità dei Genovesi residenti in Sardegna, i liguri accettarono la preponderanza aragonese in quest’ultima isola.
Oltre al trattato stipulato con Genova, la Corona risolse anche il problema Malaspina, acquisendone i beni sardi nel 1343. Questo non riuscì però a venire a capo della complessa questione relativa ai Doria, che avanzavano pretese, fondate sull’accordo tra Genova e Pisa risalenti a vent’anni prima, in base al quale Pisa avrebbe dovuto consegnare a Genova alcuni castelli.
Così nel 1346 i Doria strinsero un accordo con Genova, alla quale volevano affidare per due anni i possessi della casata. Allo stesso tempo Pietro IV aveva cercato di acquistare i possedimenti della casata ma senza successo. Fallito il progetto del sovrano, il governatore generale del Regno di Sardegna, Guglielmo de Cervellon istruì un processo contro i Doria con il fine di giustificare l’uso delle armi nel tentativo di appropriarsi delle loro terre. Nel gennaio 1347 venne emessa la sentenza di condanna verso la casata genovese, e nell’agosto la parola passò alle armi.
Ma il 10 agosto 1347, in una zona chiamata Aidu de Turdu (passaggio dei tordi, si ritiene presso Bonorva) gli Aragonesi, comandati da don Guglielmo de Cervellon, e dai suoi due figli Gherardo e Monico, furono attaccati all’improvviso dai soldati dei Doria ben nascosti tra la vegetazione, che non conoscendo bene il terreno che permetteva a malapena il passaggio di due cavalli fianco a fianco, furono quasi tutti massacrati. I due figli di Guglielmo perirono in battaglia, mentre lui riuscì a scappare grazie all’intervento delle truppe arborensi mandate dal nuovo Giudice Mariano IV (succeduto a Pietro III morto lo stesso anno) guidate da suo fratello Giovanni. Ma nonostante l’intervento arborense Guglielmo morì per le ferite riportate durante la battaglia. La vittoria non comportò nessuno vantaggio ai Doria perché l’arrivo della peste nera bloccò tutto, anche la guerra.
Nel 1349 la drammatica situazione spinse il re a dar facoltà al nuovo governatore Riambau de Corbera e a Mariano IV d’Arborea e a suo fratello, Giovanni, di ricevere l’eventuale resa dei ribelli, perdonando se opportuno, ogni misfatto commesso.
Nel 1350 con la forza delle armi anche cadde anche Sassari, il sovrano riuscì ad acquistare una parte dei possedimenti dei fratelli Brancaleone, Manfredi e Matteo Doria, ponendo fine, seppur temporaneamente alle ostilità.
Questa pace non era destinata a durare per molto.