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La vita sul Nilo

A Braccetto con la Storia

La vita sul Nilo

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«L’Egitto è bagnato dal Nilo per tutto il suo corso»

Questo scrisse Erodoto, al ritorno da un viaggio nel paese delle Due Terre.

Sin dalla preistoria, le fertili acque del Nilo hanno garantito la vita dell’Egitto, e i villaggi hanno sempre saputo mantenere un perfetto equilibrio con il fiume che, tra l’altro, è ricco di un gran numero di specie di animali e di piante.

La civiltà egizia si è sviluppata sulle sponde del Nilo e da ciò ha tratto grandi benefici.

 

Le piene

La piena del fiume rendeva fertili i campi. Questo consentì di trasformarli in terre coltivate.

La prosperità dell’Egitto era in funzione del regolare apporto di acqua: se era scarsa o eccessiva, c’era pericolo per l’economia dell’intero Paese: per questo il Nilo fu divinizzato.

Hapi fu il nome dato alla piena intesa come apportatrice di fertilità. I più importanti lavori agricoli venivano compiuti dopo la piena che avveniva tra luglio e agosto.

Nel I secolo della nostra era, Diodoro Siculo scriveva:

«Mentre gli altri fiumi scemano verso il solstizio d’estate e, a poco a poco, a partire da questo periodo, inaridiscono, il Nilo comincia a ingrossare fino a inondare quasi tutto l’Egitto».

Il raccolto dipendeva dal regolare ingrossamento del fiume: una piena eccessiva rendeva impossibile per un lungo periodo la semina che si faceva a novembre, quando, ritiratesi le acque, i campi restavano coperti dal fertile limo.

Il raccolto avveniva prima dell’inondazione successiva.

Una volta ingrossatosi, il fiume portava limo, indispensabile per le coltivazioni. Oggi, il nuovo canale ha mutato l’antico equilibrio ecologico. Il limo si sedimenta infatti nel lago Nasser, e ciò comporta il ricorso ai fertilizzanti chimici per compensarne la perdita.

 

La sua biodiversità

Le acque del Nilo davano rifugio a numerose specie di animali e di piante.

Le fertili zone paludose costituivano un vero paradiso per i cacciatori, soprattutto quando le acque della piena si ritiravano. Sulle sponde del fiume si cacciavano gli uccelli, servendosi di reti e di boomerang.

La caccia all’ippopotamo, invece, si faceva con gli arpioni, ed era molto diffusa.

Quanto alla pesca, intesa anche come divertimento, essa veniva praticata in acque poco profonde.

Nel Nilo abbondavano molte specie di pesci commestibili e la pesca costituiva un mezzo di sussistenza per le popolazioni che abitavano lungo le sue sponde.

Il pesce pescato veniva, in genere, salato con sale e natron. Veniva anche tagliato a strisce che poi si mettevano ad essiccare al sole, affinché si potessero conservare.

Quando si viaggiava sul fiume, una barca di cacciatori esperti provvisti di arpioni precedeva la barca del padrone, per eliminare i pericoli.

La caccia all’ippopotamo era un rito e uno sport perché la sua carne non veniva mangiata. Con le zanne si fabbricavano statuine, armi e utensili. Per catturare questo pachiderma, l’arma migliore era l’arpione, tenuto a una certa distanza dall’animale dal momento che questi, una volta ferito, poteva attaccare con violenza l’imbarcazione e affondarla, uccidendo i cacciatori. Nell’antico Egitto gli ippopotami erano temuti perché arrecavano danni ai raccolti che si trovavano sulle sponde del Nilo.

 

La culla della civiltà

Il deserto obbligò a concentrare le zone abitate attorno al Nilo.

Il fango, mischiato alla paglia, era talmente malleabile da consentire la fabbricazione di mattoni con cui edificare le case. Questa tecnica si impiega tuttora.

Le costruzioni con mattoni di argilla e paglia sono fresche durante l’estate e calde in inverno.

Nei pressi delle zone paludose vennero costruite capanne di papiro, ricoperte di limo.

 

Fonte: http://www.sapere.it/sapere/approfondimenti/storia/antico-egitto/agricoltura-e-ambiente/vita-sul-nilo.html

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