La maledizione di Tutankhamon

Sappiamo tutti come gli egizi fossero legati ai loro morti: lo testimoniano le piramidi, immense tombe per i faraoni, e l’arte della mummificazione, della quale gli egizi erano maestri. Ma forse questo non bastava a preservare un defunto dai profanatori, quindi, si ricorreva ad amuleti e maledizioni, come quella della tomba di Tutankhamon.
Un piccolo excursus storico
Nebkheperura Tutankhamon (1341 a.C. circa – gennaio/febbraio 1323 a.C. circa), conosciuto semplicemente come Tutankhamon, fu un faraone appartenente alla XVIII dinastia e vissuto durante il periodo noto come Nuovo Regno o, talvolta, impero.
La sepoltura del giovanissimo sovrano si trova nella Valle dei Re, nei pressi della città di Tebe.
Il ritrovamento della Tomba
Il ritrovamento della tomba avvenne in modo molto particolare.
I precedenti
Un avvocato statunitense, Theodore Davis, incominciò a scavare nella Valle dei Re nel 1902, portando alla luce parecchie tombe.
Nei suoi scavi, Davis “sfiorò” più volte (senza mai scoprirla) la tomba di Tutankhamon. Fu suo, infatti, lo scavo della tomba KV54, la quale conteneva oggetti appartenenti proprio al giovane re (si ritiene si trattasse di oggetti trafugati dalla sua tomba).
Egli considerò, quindi, la KV54 la vera tomba del re, tanto che dichiarò che la Valle non avesse più nulla da offrire.
Nel 1903, giunge in Egitto anche un nobile inglese, George Edward Stanhope Molyneux Herbert, quinto conte di Carnarvon che, dopo ripetuti insuccessi, decise di affidarsi, nel 1907, ad un archeologo professionista: Howard Carter, che aveva già lavorato nella Valle.
Davis era in pessimi rapporti con Carter e i due non perdevano occasione per criticarsi reciprocamente: Carter accusava infatti Davis di non svolgere alcun rilevamento nei suoi scavi, né tanto meno di redigere relazioni sui reperti rinvenuti.
Dal 1907 al 1914 gli scavi consentirono alla coppia Carter-Carnarvon di scoprire alcune tombe, ma il sodalizio fu interrotto dalla prima guerra mondiale.
Dopo la guerra
Nel 1917 Carter riprese gli scavi nella Valle, che però non fornirono i risultati sperati dal magnate inglese.
Nel 1922, in previsione della scadenza della concessione di scavo nell’aprile del 1923, il direttore del Servizio delle Antichità egiziano, Pierre Lacau, avvertì Lord Carnarvon dell’impossibilità di rinnovarla.
Carnarvon decise perciò di rientrare in Gran Bretagna. Anche Carter abbandonò momentaneamente gli scavi e lo raggiunse, ottenendo un’ultima campagna di scavo e giungendo a offrirsi di sostenerne personalmente le spese.
Rientrato in Egitto il 1º novembre 1922, Carter fece spostare il campo di scavo proprio dinanzi all’ingresso della tomba KV9, di Ramses VI, faraone della XX dinastia.
Il settore, di forma triangolare, era già stato esaminato dallo stesso Carter anni prima e poi inspiegabilmente abbandonato. Qui erano precedentemente stati rinvenuti i resti (ritenuti archeologicamente privi di importanza) di alcune capanne costruite dagli operai che avevano lavorato alla tomba KV9. Proprio in quel punto, tre giorni dopo, il 4 novembre 1922, fu scoperto il primo gradino di una scala di accesso ad un nuovo ambiente (la tomba di Tutankhamon, infatti, si trovava sotto la tomba di Ramses VI).
Qui davanti a noi c’era una prova sufficiente a dimostrare che quello era davvero l’ingresso di una tomba che, visti i sigilli, dal di fuori sembrava inviolata.
– Howard Carter
La maledizione di Tutankhamon
La maledizione di Tutankhamon è in realtà da considerarsi una trovata pubblicitaria dell’epoca.
Questo in funzione delle pochissime notizie che trapelavano e per la lentezza delle operazioni di “svuotamento” della tomba (l’autopsia del faraone risale al 1925, tre anni dopo la scoperta), sia per l’esclusiva mondiale data al Times di Londra dallo stesso Lord Carnarvon. Questo tagliò fuori tutti gli altri quotidiani dell’epoca da ogni informazione, innescando così una violenta campagna denigratoria nei confronti della scoperta.
L‘unica morte che potrebbe essere fatta coincidere con la scoperta della tomba di Tutankhamon, è proprio quella di Lord Carnarvon.
La sua morte avvenne tuttavia per cause naturali: nel febbraio 1923, infatti, tre mesi dopo la scoperta, il nobile inglese fu punto da un insetto. Nel clima egiziano, umido e caldo, e su un fisico già indebolito (a causa di un incidente) come quello di Lord Carnarvon, ogni piccola infezione poteva risultare fatale.
Qualche giorno dopo, radendosi la barba, inavvertitamente riaprì la ferita. L’infezione, nonostante l’immediato trattamento con tintura di iodio, non si fece attendere. Una fortissima febbre che presto si trasformò in polmonite, assalì il Conte. Morì dopo una lunga agonia il 5 aprile del 1923, al Cairo.
Delle 26 persone presenti all’apertura della tomba, solo sei morirono nell’arco dei dieci anni successivi.
Delle 22 presenti all’apertura del sarcofago solo due morirono nei successivi dieci anni.
Per quanto riguarda le 10 persone presenti allo sbendaggio della mummia, nessuna morirà sempre nei dieci anni successivi a questa operazione.

Appassionato di storia e informatica.
Fondatore del progetto “A braccetto con la Storia”.