Perché venerdì 13 porta sfortuna?

La triscaidecafobia (dal greco τρεισκαίδεκα treiskaídeka, “tredici” e φόβος phóbos, “paura“) è la paura irragionevole del numero 13, dovuta alla cultura popolare ed alla superstizione. Vediamo i motivi.
Nella mitologia scandinava vi erano 12 semidei e poi arrivò il tredicesimo, Loki. Quest’ultimo fu crudele con gli uomini: da qui, il 13, in quelle terre, è divenuto segno di malaugurio.
Nel mondo cristiano, la fenomenologia è legata al fatto che c’erano 13 persone all’ultima cena di Cristo, e il tredicesimo era proprio Giuda.
Anche gli antichi credevano che il 13 portasse sfortuna: lo storico greco Diodoro Siculo (I secolo a.C.) riferisce che Filippo II(IV secolo a. C.), re di Macedonia e padre di Alessandro Magno, fu ucciso da una sua guardia del corpo dopo aver fatto mettere una propria statua accanto a quelle delle dodici divinità dell’Olimpo, per cui la morte sarebbe stata la conseguenza di dell’affronto perpetrato nei confronti degli dèi (in realtà fu una vendetta ordita dalla guardia del corpo).
Altresì, gli assiro-babilonesi credevano che il 13 portasse male perché il 12 era considerato un numero sacro poiché facilmente divisibile, mentre il 13, che viene dopo il 12, assunse la sinistra fama di portasfortuna.
Un altro elemento che contribuisce a rendere il numero 13 temuto è la data venerdì 13 ottobre 1307 in cui furono arrestati in massa i cavalieri Templari per ordine del re di Francia Filippo IV il Bello (indebitato fino al collo, fece arrestare i Templari, per confiscare le loro ricchezze). Le maledizioni pronunciate dai templari torturati avrebbero fatto di questo dì, un giorno di sventura.
In particolare, Jacques de Molay, ultimo gran maestro dell’Ordine, mentre giaceva sulla pira ardente, il giorno venerdì 13 ottobre 1307, maledì il re Filippo IV ed il papa Clemente V, affermando che presto sarebbero comparsi davanti al giudizio di Dio. In effetti, Papa Clemente V morì un mese dopo di dissenteria e Filippo IV il Bello morì nel mese di dicembre successivo per una caduta da cavallo. La maledizione lanciata da Jacques de Molay colpi tutta la dinastia dei Capetingi, estinguendola, tant’è che gli ultimi discendenti di Carlo Magno furono chiamatirois maudits(re maledetti): Luigi X, figlio di Filippo IV regnò per soli due anni. Il figlio di Luigi X, Giovanni I, visse addirittura solo per pochi giorni. Allora il trono passò allora a un altro dei figli di Filippo IV, Filippo V, che fu incoronato all’età di 23 anni, ma morì dopo sei anni dopo, senza lasciare eredi. Allora il trono passò all’altro figlio di Filippo IV, Carlo IV, ma anche lui morì dopo sei anni senza alcun erede, estinguendo così la dinastia capetingia in linea diretta, cui, perciò, successe il ramo cadetto in linea maschile dei Valois.
Per completezza, un’ulteriore leggenda narra che al momento della morte, Jacques de Molay avrebbe dannato la casa di Francia fino alla tredicesima generazione, e durante la rivoluzione francese, il boia Charles-Henri Sanson, prima di calare la ghigliottina sulla testa di Luigi XVI, gli avrebbe detto: “Io sono un Templare, e sono qui per portare a compimento la vendetta di Jacques de Molay“. Durante la Rivoluzione, Luigi XVI venne chiamato Luigi Capeto, in quanto discendente di Ugo Capeto, fondatore della dinastia, nell’intenzione di dissacrarne lo status di re. Così anche l’ultimo dei Capetingi (anche se in realtà apparteneva alla casata di Borbone fu colpito) fu colpito dalla maledizione di Jacques de Molay
Pariteticamente, i Romani ritenevano che fosse il numero 17 a portare male perché XVII anagrammato diventava VIXI, ovvero il tempo perfetto del verbo vivere, traducibile con “ho vissuto“, ovvero “sono morto” presente su molte tombe romane. Analogamente alla paura irrazionale del numero 13, quella del numero 17 si chiama eptacaidecafobia (da ἑπτακαίδεκαeptakaideka, “diciassette” e φόβος phóbos, “paura“). Addirittura, dopo la disfatta di Teutoburgo del 9 d.C. e la distruzione della 17^, 18^ e 19^ legione questi numeri, evidentemente ritenuti nefasti, non furono più attribuiti a nessuna altra legione.

Τεθνάμεναι γὰρ καλὸν ἐνὶ προμάχοισι πεσόντα
ἄνδρ’ ἀγαθόν, περὶ ᾗ πατρίδι μαρνάμενον. Τυρταῖος
Una risposta.
Davvero molte info curiose e interessanti, grazie 🙂