Dante e le questioni di vicinato

Chi di noi non ha mai litigato con un vicino di casa? Anche il Sommo Poeta, Dante Alighieri, ebbe delle diatribe con il suo vicino… ma come le risolse?
Partiamo dall’inizio…
Il vicino di casa in questione è Filippo Argenti (o Argente), al secolo Filippo Cavicciuoli.
Membro della famiglia fiorentina degli Adimari, questo individuo non è certo un esempio di onestà e cordialità.
Il suo stesso soprannome, Argenti, è dovuto ad un suo vezzo borioso: ferrare i cavalli con ferrature d’argento.
Dell’Argenti possiamo narrare anche altre vicende:
- In alcuni racconti dell’epoca, si narra come avesse schiaffeggiato Dante Alighieri, suo vicino di casa.
- Come se non bastasse, pare abbia incamerato i beni del poeta, dopo la confisca.
- Esiste anche un’altra leggenda: si dice che girasse a cavallo per le vie di Firenze tenendo le gambe ben aperte, in modo da colpire in faccia qualsiasi persona capitasse vicino a lui.
La goccia che fece traboccare il vaso
La diatriba tra la famiglia Alighieri e la famiglia Adimari si fece più accesa quando Filippo chiese a Dante, suo vicino di casa, di mettere una buona parola col giudice, per sollevarlo da alcuni problemi giudiziari.
Siccome, però, le antipatie erano già accese, Dante fece il contrario: andò dal giudice e aggiunse altri capi d’accusa, facendo raddoppiare l’ammenda. Simpatico, no?
Come risposta, l’Argenti proseguì con i suoi comportamenti boriosi, infischiandosene della legge e delle condanne.
Lo stesso Dante segnalò episodi di corruzione, in cui, apparentemente, era coinvolto lo stesso Argenti.
Per completezza, ci tengo ad evidenziare il fatto che Filippo Argenti fu un politico schierato dalla parte dei guelfi neri, plausibile motivo in più per essere odiato da Dante, appartenente alla fazione politica opposta.
La vendetta del poeta
Analizzando i soggetti coinvolti, le antipatie e i precedenti, penso sia facile intuire come, Dante, si possa esser vendicato: facendolo finire all’Inferno.
Ovviamente il poeta non aveva poteri sovrannaturali, parliamo quindi del suo Inferno, quello dantesco, quello della sua Commedia.
Ed è proprio lì che lo troviamo ancora oggi, nell’ottavo girone infernale, versi dal 52 al 63.
«E io: “Maestro, molto sarei vago
di vederlo attuffare in questa broda
prima che noi uscissimo del lago”.
Ed elli a me: “Avante che la proda
ti si lasci veder, tu sarai sazio:
di tal disïo convien che tu goda”.
Dopo ciò poco vid’ io quello strazio
far di costui a le fangose genti,
che Dio ancor ne lodo e ne ringrazio.
Tutti gridavano: “A Filippo Argenti!”;
e ‘l fiorentino spirito bizzarro
in sé medesmo si volvea co’ denti.»
Divina Commedia, Inferno, VIII, 52-63 – Dante Alighieri
Il passo sopra citato è considerato uno dei più tragici dell’intero Inferno.
Da secoli, i lettori e commentatori dell’opera cercano di spiegare la violenza con la quale, sia Dante che Virgilio, trattano questo dannato.
Da un lato, si suppone che, trovandosi nel girone degli Iracondi, Dante entri in contatto con il peccato stesso dell’ira, quasi per comprenderlo a fondo e purificarsi da esso.
Dall’altro, bisogna invece osservare che, tale spiegazione, non basta a giustificare la ferocia dell’intera scena. Se poi vogliamo dar retta ai novellatori di Firenze della fine del XIV secolo, possiamo affermare, con sufficiente sicurezza, come, in questo episodio, entri in gioco la vita personale del poeta.
“Argenti vive, vive, vivrà”
Nel 2014, il rapper italiano Caparezza, ipotizza un dialogo “botta e riposta” tra il poeta e l’Argenti.
La canzone, intitolata “Argenti vive”, riprende alcuni passi dell’ottavo canto, facendo rispondere Filippo Argenti alle accuse mosse dall’Alighieri, ponendo il poeta quasi al suo stesso livello.
Argenti vive, vive, vivrà, alla gente piace la mia ferocità,
persino tu che mi anneghi a furia di calci sui denti, ti chiami Dante Alighieri,
ma somigli negli atteggiamenti… a Filippo Argenti !
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Appassionato di storia e informatica.
Fondatore del progetto “A braccetto con la Storia”.
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