🏨⛑ Medicina nel mondo antico: storia, sviluppi e pregiudizi

Scopriamo insieme le origini della medicina e le sue applicazioni nel mondo antico: tra greci, romani ed egizi.
È convenzione pensare che il pensiero medico occidentale abbia inizio nella civiltà greca arcaica.
In realtà le nozioni di malattia e medicina, prima di raggiungere la connotazione di “scienza” che caratterizzano l’opera di Ippocrate, avevano già raggiunto un livello notevole in Oriente.
I primi medici di cui abbiamo notizia provengono dalla Mesopotamia, come documentano i sigilli di medici professionisti, risalenti al II millennio a.C., nel codice di Hammurabi. Esso dava disposizioni precise su come un medico dovesse essere ricompensato o punito in base agli esiti delle prestazioni professionali.
Fu però nell’antico Egitto che i medici, eredi di Imhotep/Asclepio, dio della medicina, praticarono un’arte evoluta. Pensiamo ai sofisticati metodi d’imbalsamazione dei cadaveri. Significativa è la letteratura medica dei papiri egiziani come il Papiro Ebers, risalente al 1500 a.C.: è il più antico testo medico e contiene circa novecento ricette dedicate alla cura di varie malattie, combattute con il ricorso alla farmacopea e formule magiche.
🏛 La pratica della medicina in Grecia e a Roma
La pratica della medicina primitiva in Grecia era simile al mondo orientale, dove ci si affidava a rituali e piante prodigiose per fronteggiare pestilenze e malattie.
La medicina razionale greca conobbe il suo sviluppo ad Alessandria d’Egitto. L’ambiente cosmopolita della capitale della dinastia lagide, offrì ai medici greci emigrati le condizioni ideali per condurre in piena libertà le loro ricerche anatomiche, che favorirono i progressi della scienza medica.
Tuttavia, si era ben lontani dal concetto moderno di eziologia e di terapia causale, giacché si proponevano l’uso di blandi medicamenti associandoli alle pratiche del clistere e del salasso.
L‘avversione per la chirurgia è verosimilmente spiegata poiché, a quell’epoca, era sconosciuta ogni pratica anestesiologica e antisettica, con conseguenze fatali per i pazienti.
La medicina nell’antica Roma a confronto con l’antica Grecia.
La medicina a Roma, si affermò relativamente tardi e si sviluppò nel III secolo a.C. grazie agli stimoli provenienti dal mondo greco. Tuttavia, essa si giovava di un sapere medico prescientifico che ha influito notevolmente nel processo di valutazione critica e di formazione di una scienza medica.
Nel mondo antico, infatti, la malattia era vissuta come punizione divina impartita agli uomini: pertanto era praticata una forma di medicina popolare, basata sull’autocura mediante il ricorso ad erbe medicamentose.
Non va trascurata la pratica chirurgica dell’epoca, che annoverava interventi di cataratta, tonsillectomia, craniotomia, incisione degli ascessi, fratture, splenectomia e manovre ostetriche che dimostrano una buona conoscenza dell’anatomia e anche degli oppiacei.
La cattiva reputazione del medico nel mondo antico appartiene alla tradizione greca: l’immagine del medico avido e imbroglione.
A Roma la figura del medico avvelenatore conosce una sua fortuna nell’oratoria giudiziaria, contro la mancanza di scrupoli dei medici e i loro facili arricchimenti ottenuti grazie a terapie stravaganti.
In realtà, non era priva di fondamento. I medici, spesso schiavi o liberti di provenienza greca e orientale, erano sottoposti a forme di coercizione dai padroni, che ne traevano profitto inviandoli a curare i malati. Essendo, poi, una professione remunerativa, molti individui del tutto inesperti, come ciabattini e tessitori, diventavano medici.
La situazione della medicina romana iniziò a mutare alla fine del I secolo a.C. quando si iniziò a sentire l’esigenza di vincoli etici sui fini di lucro. Tuttavia, ancora in età imperiale, i medici figurano accostati a maghi, sacerdoti ed astrologi, con i quali condividono le doti di scaltrezza mentale. Perdureranno fino al Medioevo i lati oscuri di un mestiere che pare non conoscere regole certe e che stenta a emanciparsi dai sospetti d’improvvisazione e superficialità.
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Τεθνάμεναι γὰρ καλὸν ἐνὶ προμάχοισι πεσόντα
ἄνδρ’ ἀγαθόν, περὶ ᾗ πατρίδι μαρνάμενον. Τυρταῖος