L’estetica – pt. 2 di 2

Riprendiamo il nostro viaggio nella storia dell’evoluzione del concetto di estetica, bello e arte (a questo link trovate la prima parte)
Tra fine ‘700 e prima metà dell’800, sarà Schelling a creare una vera e propria filosofia dell’arte e Hegel ne suggellerà l’ufficializzazione, riducendo però l’arte a oggetto ideale (neanche a dirlo), destinato a sublimare nel concetto filosofico. Arte e filosofia vengono da lui saldate insieme, con l’idea che l’arte mano a mano si sarebbe dovuta estingue nel suo stesso concetto, cosa a cui le avanguardie del Novecento risponderanno con una sonora pernacchia.
In epoca contemporaneamente, di tutte queste dissertazioni sono rimasti tre grandi filoni di cui uno recentissimo (parliamo di pubblicazione del 2016): l’estetica analitica americana che studia le condizioni di esistenza dell’arte come carattere concettuale; l’estetica continentale basata su presupposti storico- culturali dell’arte, ovvero una scienza della percezione che non ha esclusivamente a che fare con l’arte; la neuroestetica, ovvero la recentissima applicazione in campo artistico delle tecniche di “brain imaging” sviluppato nelle neuroscienze assieme alle scienze cognitive. Ovvero cercano di fornire la chiave per la comprensione dei meccanismi cerebrali alla base delle motivazioni e delle intenzioni artistiche dell’uomo.
Ma giunti fino a qui vi posso dire che tutte le teorie studiate non hanno mai saputo rispondere alla mia personalissima domanda sul perché spesso sentiamo o diciamo frasi come: “questa persona è oggettivamente bella, ma non mi piace”. Mi spiego: come facciamo a spiegare perché qualcosa che non ci piace, la riconosciamo comunque come bella? Perché se il gusto è personale, pare che invece la bellezza possa non esserlo. Ci sono delle cose che ritroviamo nelle cose e nelle persone, che creano armonia che riconosciamo come Bello? Quella geometria che sottosta in tutte le cose come ad esempio la sezione aurea, è possibile che crei una oggettiva bellezza che istintivamente siamo portati ad apprezzare? Ma allora perché non tutti sono d’accordo con l’oggettività del bello? Baumgarten parla di estetica come “l’arte di pensare in modo bello” e la bellezza per lui è la perfezione della conoscenza sensibile. Mentre come abbiamo visto per Kant non c’è nesso tra estetica e bellezza, ma solo con la sensibilità. Quindi la sensibilità, anche in posizioni differenti è un elemento che torna. Per cogliere l’arte, bisogna avere una certa dose di sensibilità. Ma ne “L’Idiota” di Dostoevskij, Il principe Miškin dice “La bellezza salverà il mondo”, perché la bellezza è intesa come un concetto universale a cui viene affidato il compito di ricreare armonia là dove governa il disordine della realtà, così da poter rivelare un senso ultimo al di là del proprio caos…ed ecco che così facendo, torniamo a zio Platone che affermava che “il bello è lo splendore del vero”. Quindi penetrare l’essenza delle cose vuol dire essenzialmente contemplarne la bellezza perfetta. Ma cos’è questa perfezione? Una invocazione ad approfondire l’essenza di ciò di cui facciamo esperienza per raggiungere la Bellezza perfetta, che non è quella che creiamo con i filtri di Instagram, ma è il Bello che richiede di essere scritto con la “b” maiuscola, come facevano gli illuministi. Un concetto che racchiude l’armonia, la forza, l’equilibrio ma soprattutto l’unicità di ciò che viene osservato. San Francesco d’Assisi (che per chi non lo sapesse era un grandissimo esteta) ci insegna proprio che tutti gli esseri, anche quelli che ci sembrano schifosi, se li osserviamo con affetto, nei particolari e nell’insieme, presentano, ognuno a modo suo, una bellezza singolare che ci mostra come in loro tutto è articolato con equilibrio e armonia sorprendenti.
Su questa ultima osservazione chiudo con le parole di Peppino Impastato, che per me meglio racchiudono il senso della Bellezza e del perché è così importante. Parole che spiegano meglio di tanti filosofi il concetto e l’importanza dell’estetica nella vita di tutti i giorni:
«Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro larassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore».
Con questo vi auguro a tutti un buon Ferragosto e ci risentiamo a settembre!

Classe 1984. Laurea triennale in filosofia politica e specialistica in teoria della comunicazione. La filosofia è come un videogame: si può giocare a diversi livelli di difficoltà.