Noam Chomsky e la Fabbrica del consenso

Finora abbiamo trattato di temi, ma solo di un personaggio, Talete, ovvero colui che per l’occidente è consideato il primo filsofo. Ma contrariamente a quanto si possa pensare, la filosofia è una materia ancora arzilla e, anche se pochi, in giro è rimasto un gruppetto di pensatori interessanti. E’ il caso di mister Noam Chomsky, che nello specifico è anche un linguista e teorico della comunicazione statunitense. Professore emerito di linguistica è riconosciuto come il fondatore della grammatica generativo- trasformazionale, spesso indicata come il più rilevante contributo alla linguistica teorica del XX secolo. E’ anche uno dei maggiori critici all’informazione di massa. Ma andiamo per gradi.
Chomsky si è affermato come intellettuale anarchico e socialista libertario
A partire dagli anni sessanta, grazie alla sua forte presa di posizione contro la guerra del Vietnam ed al suo notevole impegno politico e sociale, Chomsky si è affermato anche come intellettuale anarchico e socialista libertario. La costante acuta critica nei confronti della politica estera di diversi paesi e, in particolar modo, degli Stati Uniti, così come l’analisi del ruolo dei mass media nelle democrazie occidentali, lo hanno reso uno degli intellettuali più importanti della sinistra radicale americana. Si può dire di essere rimasto uno degli ultimi baluardi di pensiero critico e indipendente. Egli, infatti, è molto noto per la sua dura denuncia contro la strumentalizzazione della totalità dei mezzi d’informazione statunitensi, da parte delle potenti lobby economiche esistenti in America, e la politica imperialista e militarista delle amministrazioni, da Roosevelt in poi. Una bella spina nel fianco, soprattutto dell’elitè culturale.
Chomsky ha affermato di essere riuscito a smascherare numerosi casi di utilizzo fraudolento delle informazioni, nonché ad evidenziare la piattezza conformistica dei media. Tale “standardizzazione delle notizie” dipende da un certo numero di mezzi di informazione che determinano una sorta di struttura prioritaria delle notizie, alla quale i media minori devono adattarsi a causa della scarsità delle risorse a disposizione. Le
fonti primarie sono di fatto grandi società commerciali a redditività molto elevata. L’obiettivo è quello che il linguista definisce la “Fabbrica del consenso”, ovvero un sistema di propaganda estremamente efficace per il controllo e la manipolazione dell’opinione pubblica.
Tutti i media dominanti sono grandi corporation che fanno a loro volta parte di conglomerati più grandi
L’assunto da cui parte Chomsky è che tutti i media dominanti sono grandi corporation che fanno a loro volta parte di conglomerati più grandi, che si estendono oltre i settori tradizionali dei media. Queste aziende hanno forti interessi che potrebbero venire influenzati sfavorevolmente se alcune informazioni venissero divulgate. Secondo questo ragionamento, c’è da aspettarsi che le notizie che vanno in conflitto con gli interessi di coloro che posseggono il mezzo di comunicazione, vengano distorte. In un’intervista
Herman, il coautore de “La fabbrica del consenso” aveva dichiarato:
“Ne “La fabbrica del consenso”, mettiamo in evidenza gli interessi di coloro che controllano 25 delle più grosse corporazioni mediatiche. In mezzo alla tabella c’è il New York Times, proprietà della famiglia Sulzberger. Al tempo, le loro azioni valevano mezzo miliardo di dollari. Adesso valgono probabilmente intorno a 1,2 miliardi di dollari. Stiamo parlando perciò di persone molto ricche facenti parte dell’establishment corporativo. L’idea secondo cui queste persone lascerebbero che i propri strumenti facciano qualcosa che potrebbe risultare contrario agli interessi della comunità corporativa è senza senso.”
(Intervista di David Ross a Edward S. Herman, 2003).
Vi risuona questa situazione? Questa situazione ovviamente non è limitata ai soli Stati Uniti, ma è mondiale. Come possiamo dire di informarci se la trasmissione delle notizie è in mano a poche perone? La prossima settimana approfondiremo il concetto di “propagnada” per Chomsky, utilizzata per creare il consenso nelle folle. E non pensate che venga utilizzata solo nei regimi autoritari. Voi cosa ne pensate? Ritenete che l’Italia sia un paese dove la stampa sia libera o no? Lasciate un commento e fatemi sapere che ne pensate.
A venerdì prossimo!

Classe 1984. Laurea triennale in filosofia politica e specialistica in teoria della comunicazione. La filosofia è come un videogame: si può giocare a diversi livelli di difficoltà.