Chomsky e la Fabbrica del consenso pt. 3

Siamo arrivati all’ultima puntata su Chomsky e la Fabbrica el consenso (trovi qui le parti uno e due). Come si è arrivati a considerare le informazioni, le notizie come un prodotto da vendere al mercato pubblicitario? Facciamo un salto indietro alla Prima Guerra Mondiale. Prima di essa, infatti, gli Stati Uniti erano, probabilmente, il paese più ricco economicamente ma avevano una scarsa importanza sulla scena internazionale. Di fatto però gli U.S.A. erano un paese pacifista. Lo erano sempre stati almeno a livello internazionale, quindi il popolo non voleva andare a combattere le guerre di altri. Il presidente Wilson era però di altro avviso e intendeva intervenire nel conflitto. Il problema a questo punto era: come trasformare un popolo di pacifisti in un gregge di esaltati ostili ai tedeschi, al punto tale che decidano di andare a ucciderli? Semplice, con lo stesso mezzo che tedeschi, italiani e russi avrebbero usato nella Seconda Guerra Mondiale: la propaganda. In quel periodo in America la ricchezza aumentò il potere democratico del popolo, sempre più gente aveva diritto al voto e dirigere il paese come fosse un affare privato diventava, di conseguenza, sempre più complicato. Occorreva controllare il pensiero delle persone. Nacquero così le pubbliche relazioni. Iniziò a girare un libro intitolato “Propaganda” di Edward Bernays, che si può riassumere come l’elenco di nuove tecniche volte a irreggimentare le menti; le tecniche descritte devono essere usate da minoranze intelligenti in modo da assicurarsi che il “gregge” stia in riga. Walter Lippmann, negli anni ’20, studiò molto bene le parole di tale libro, fino ad affermare che era nata una nuova democrazia chiamata “La fabbrica del consenso”, poiché fabbricando il consenso si può aggirare il fatto che, formalmente una gran quantità di persone ha il diritto di voto. Tale è un sistema in cui viene applicata la propaganda. “E che cos’è la propaganda”, si chiede Lippmann, “se non lo sforzo di modificare le immagini a cui reagiscono gli individui, di sostituire un modello sociale ad un altro?”. Egli era un giornalista statunitense, morto nel 1974, che ha lavorato per l’Herald Tribute e viene considerato il precursore della teoria del silenzio.
In questo modo è possibile fabbricare il consenso e assicurarsi che le scelte e gli orientamenti siano strutturati in modo tale che le persone facciano sempre quello che viene detto loro, anche se formalmente hanno la possibilità di partecipare. Questo è quello che viene definito un sistema di
propaganda. Lo stesso Lippmann in una analisi di due servizi del Times sulla rivoluzione bolscevica ammise che gli articoli erano “un disastro! […] nulla di meno che volgare nazionalismo e asservimento allo stato nella politica editoriale, profondamente e grossolanamente influenzata dalla politica.”
Anche all’epoca, più che mai i servizi di cronaca erano stati influenzati dalla dottrina utile al potere politico, da cui deriva la posizione editoriale. Ovviamente tale atteggiamento, negli anni, non ha fatto che incrementarsi fino a giustificare o, in molti casi, ad occultare le aggressioni eseguite
direttamente o indirettamente dagli USA. Del resto quando uno Stato conduce un’aggressione a un altro paese, il suo sistema di propaganda ha la responsabilità di giustificarla e occultarne le vere ragioni in favore di pretesti accettabili. In tal senso vi invito ad approfondire il caso Nicaragua negli anni ’70, le torture a Timor Est descritte dal Sunday Times nel 1993 e il libro stesso di Noam Chomsky “La fabbrica del consenso”.
Come funziona dunque questa “cultura della democrazia” se essa si basa sulla partecipazione del popolo e questo è sempre meno informato? Se è sempre più difficile accedere ad una visione quanto più possibile globale di ciò che accade nel mondo? Il pubblico si è sempre più estraniato dal sistema
politico, assumendo un atteggiamento via via più cinico anche verso altre istituzioni. Il sistema ideologico è quindi vincolato dal consenso dell’élite. Chi vota spesso lo fa coscientemente contro il proprio interesse. Del resto lo scopo delle elezioni è la vittoria e lo scopo del governo è di agire il meglio possibile per il bene del paese. Ma quante tendenze profondamente antidemocratiche hanno subito un accelerazione dagli anni ’60 ad oggi? Nella democrazia del capitalismo di stato esiste una certa tensione riguardo alla sede del potere; in linea di principio il popolo governa, ma de facto il potere resta in mani private, con ripercussioni su vasta scala sull’ordine sociale. Per ridurre le tensioni sociali, basta allontanare il pubblico dalla scena, eccetto che nella forma. La riduzione delle elezioni al livello di una scelta per una regina temporanea, è un passo di non poco conto nella tendenza a relegare la cittadinanza ai margini.
Le persone che esercitano un’autorità o un potere devono sopportare una stampa anche litigiosa, ostinata e onnipresente, allo scopo di preservare i superiori valori della libertà di espressione e del diritto delle persone all’informazione. La libertà di espressione è un valore in sé, non va accettata per la sua utilità. Ne “la fabbrica del consenso”, Chomsky disegna un sistema di propaganda, secondo cui i media non consentono al pubblico di esercitare un controllo significativo sui processi della politica, fornendo le informazioni necessarie a far fronte con intelligenza alle proprie responsabilità politiche. Essi tendono ad inculcare e difendere i progetti economici, sociali dei gruppi privilegiati che dominano la società e lo stato. I media servono al conseguimento di questo scopo in molti modi: selezionando i temi, distribuendoli secondo una scala di priorità e di importanze, filtrando informazioni e via dicendo. Potreste dire che gli attuali TG si occupino di svolgere tale servizio?
Fatemi sapere, dopo questo lungo viaggio come vi ponete rispetto all’informazione, se vi interessa o se pensiate che questa posizione sia troppo estrema.

Classe 1984. Laurea triennale in filosofia politica e specialistica in teoria della comunicazione. La filosofia è come un videogame: si può giocare a diversi livelli di difficoltà.