L’armonia nel cosmo/5 – La musica strumentale e medievale

Benvenuti nel quinto appuntamento con la musica: oggi approfondiremo un piccolo aspetto della musica scritta fuori dai pentagrammi, quella della poesia medievale che non sempre (e non subito, soprattutto) è diventata musica.
Parliamo dei famosissimi Carmina Burana, testi poetici medievali dell’XI e del XII secolo, prevalentemente in latino, tramandati da un importante manoscritto contenuto in un codice miniato del XIII secolo, il Codex Latinus Monacensis 4660 o Codex Buranus. In copertina dell’articolo possiamo notare una delle miniature, che mostra il gioco dei monaci.
Il testo e la forma poetica
La raccolta è divisa in 4 parti fondamentali; canti d’amore, i canti di morale, i canti a tema bacchico e conviviale, i canti a tema divino.
Sembra che tutti i testi dovessero essere destinati al canto, anche se non possediamo le melodie.
I due testi più famosi sono “O Fortuna” e “In taberna quando sumus”. Conosciamo anche le melodie originali, che sono state trasmesse fino a noi. Ma certamente le più famose melodie di questi carmina sono quelle più moderne di Carl Orff, che musicò come fosse un unico poema epico questa immensa raccolta di poesie musicali. O Fortuna è proprio l’incipit. Qui in una scenografica esecuzione diretta dal maestro André Rieu.
O fortuna velut luna statu variabilis semper crescis aut decrescis vita detestabilis nunc obdurat et tunc curat ludo mentis aciem egestatem potestatem dissolvit ut glaciem. Sors inmanis et inanis rota tu volubilis status malus vana salus semper dissolubilis obumbrata et velata mihi quoque niteris nunc per ludum dorsum nudum fero tui sceleris. Sors salutis et virtutis mihi nunc contraria est affectus et defectus semper in angaria hac in hora sine mora cordis pulsum tangite quod per sortem sternit fortem mecum omnes plangite”. | O Fortuna, come la luna costantemente variabile, sempre cresci o decresci, vita detestabile! La Fortuna or indurisce ed or lenisce, per giuoco, l’acutezza della mente; indigenza e potenza dissolve come ghiaccio, indifferentemente. Sorte immane ed inane, tu ruota volubile, condizione aleatoria, salute illusoria sempre dissolubile, obumbrata e velata pure me hai in tua possa. Ora per ludo il dorso nudo offro alla tua percossa. Destino di salute e di virtute, or mi sei nemico protervo. Ogn’uom tormenti ed annienti, riduci in eterno servo. In questo momento, senza differimento, le vostre corde percotete! Poiché per sorte la Fortuna prostra un forte, con me tutti piangete! |
La Fortuna, che per noi oggi ha solo senso di “destino positivo”, per i latini era più genericamente “il fato”, che appunto poteva essere volubile come la luna, mostrando sezioni sempre diverse rispetto al moto della terra.
In Taberna quando sumus, invece, è un carmen molto ilare, che ci narra di come la locanda era il posto del ritrovo, dove tutti si sentivano uniti: schiavi e liberi, vescovi e laici, tutti uniti da una bottiglia di vino.
In taberna quando sumus, non curamus quid sit humus, sed ad ludum properamus, cui semper insudamus. Quid agatur in taberna ubi nummus est pincerna, hoc est opus ut queratur, si quid loquar, audiatur. Quidam ludunt, quidam bibunt, quidam indiscrete vivunt. Sed in ludo qui morantur, ex his quidam denudantur quidam ibi vestiuntur, quidam saccis induuntur. Ibi nullus timet mortem sed pro Baccho mittunt sortem: Primo pro nummata vini, ex hac bibunt libertini; semel bibunt pro captivis, post hec bibunt ter pro vivis, quater pro Christianis cunctis quinquies pro fidelibus defunctis, sexies pro sororibus vanis, septies pro militibus silvanis. Octies pro fratribus perversis, nonies pro monachis dispersis, decies pro navigantibus undecies pro discordantibus, duodecies pro penitentibus, tredecies pro iter agentibus. Tam pro papa quam pro rege bibunt omnes sine lege. Bibit hera, bibit herus, bibit miles, bibit clerus, bibit ille, bibit illa, bibit servus cum ancilla, bibit velox, bibit piger, bibit albus, bibit niger, bibit constans, bibit vagus, bibit rudis, bibit magus. Bibit pauper et egrotus, bibit exul et ignotus, bibit puer, bibit canus, bibit praesul et decanus, bibit soror, bibit frater, bibit anus, bibit mater, bibit ista, bibit ille, bibunt centum, bibunt mille. Parum sexcente nummate durant, cum immoderate bibunt omnes sine meta. Quamvis bibant mente leta, sic nos rodunt omnes gentes et sic erimus egentes. Qui nos rodunt confundantur et cum iustis non scribantur. | Quando siamo nella taverna Non pensiamo a quando saremo polvere Ma ci affrettiamo al gioco Che sempre finisce per denudarci Qual che accade nella taverna Dove comanda il danaro Si farebbe bene a chiederlo Se qualcosa si risponde, sarà ascoltato Qualcuno gioca, qualcuno beve Qualcuno vive in modo peccaminoso Ma di coloro che si cimentano al gioco Alcuni ne escono nudi Altri rivestiti Altri indossano sacchi Qui nessuno teme la morte Ma tentano la sorte in nome di Bacco Il primo è per il mercante di vino Per il quale brindano i libertini Il secondo per i prigionieri Il seguente lo bevono per i vivi Il quarto per tutti i Cristiani Il quinto per i morti nella fede Il sesto per le sorelle smarrite Il settimo per i guardiacaccia L’ottavo per i fratelli che peccano Il nono per i monaci dispersi Il decimo per i marinai L’undicesimo per i contestatori Il dodicesimo per i penitenti Il tredicesimo per i viaggiatori Dal Papa al Re Bevono tutti senza legge Beve la donna, beve l’uomo Beve la milizia, beve il clero Beve quello, beve quella Beve il servo con l’ancella Beve il veloce, beve il lento Beve il bianco, beve il nero Beve il costante, beve il distratto Beve il grezzo, beve il raffinato Beve il povero e il malato Beve l’esule e lo straniero Beve il fancuillo, beve l’anziano Beve il vescovo ed il decano Beve la suora, beve il frate Beve la vecchia beve la madre Beve questa beve quella Bevono in cento bevono in mille Difficilmente 600 denari Durano, quando immoderatamente Bevono tutti senza limite Benché bevano a mente lieta Siamo noi gli unici che tutti rimproveriamo E così siamo mendicanti Siamo maledetti coloro che ci calunniano E che non vengano ricordati tra i giusti |
Anche per questo meraviglioso testo, la versione di Carl Orff all’ascolto.
Conoscevi questi testi? Avevi mai sentito la versione di Carl Orff? Ti aspettiamo sui nostri canali social e al prossimo articolo…a braccetto con la storia!

Classe ’92. Laureato in Scienze Religiose, con una tesi di taglio storico su “Il ministero della donna nella Liturgia” con un focus sulle Diaconesse. Musicista e appassionato di storia e filosofia.