La spinta morale – 2° parte

Riprendiamo il nostro discorso sulla spinta morale iniziato la scorsa settimana, introducendo i “teorici del comando divino”, ovvero coloro che credono che la moralità sia una semplice funzione di ciò che viene ordinato da Dio. Moralmente giusto= comandato da Dio/ moralmente sbagliato= vietato da Dio. Questo porta a un problema non indifferente: chi segue questi dettami ciecamente, dimentica di ricercare le soluzioni etiche pensando con la propria testa. Aprire la Bibbia (o un qualsiasi altro libro religioso) e cercare una risposta coerente e approfondita. Il problema della fede cieca è che si lascia guidare da una morale in cui i dilemmi etici sono prerisolti e non ragionati in prima linea.
Prendiamo un esempio dei nostri tempi: Marge Simpson e Ned Flanders. Si avete letto bene i Simpson. C’è molta più filosofia di quanto crediate nei nostri beniamini dalla pelle gialla, che in tanti altri programmi “culturali”.
Marge è indubbiamente una donna di fede, ma è anche una persona pratica. Crede nel messaggio di pace sulla terra e di buona volontà verso gli uomini ma trascura molte delle regole morali della Bibbia. Invece di seguire “tutte le regole benintenzionate che non funzionano nella vita reale” come fa Flanders, le persone come Marge possono essere a favore dell’aborto e sedersi comodamente in chiesa la domenica con la consapevolezza che le loro decisioni etiche si basano sulla ragione e sulla coscienza, non solo sulla fede cieca. Se ci fermiamo a pensare ai due personaggi Marge sembra essere interessata più a essere una buona persona che una buona cristiana come fa Ned. Durante tutta la lunghissima narrazione dei Simpson, abbiamo visto sempre Marge prendere decisioni morali dettate più dalla sua coscienza che dalla fede religiosa e l’abbiamo vista rifiutare i giudizi morali ufficiali pronunciati dalla chiesa che Flanders non si permetterebbe mai di rifiutare.
Se ci rifacciamo a Platone, è lui stesso a dire che la moralità diventerebbe arbitraria se la teoria del comando divino fosse vera1 Il motivo è molto semplice: Dio potrebbe comandarci di fare qualsiasi azione e il fatto che sia Lui stesso comandarcela, la renderebbe moralmente giusta. Ciò porterebbe ad accettare omicidi di massa, violenze sessuali come di fatto sia in passato che in questi stessi anni, è accaduto, dimostrano che tale teoria è difettosa. La filosofia morale non ha inizio con l’osservazione che i comandi di Dio rendono un’azione giusta, ma con il chiedersi quali qualità rendano giusta un’azione e quindi degna del favore divino.
Quindi come capiamo se una azione è giusta o meno? Non si può fare riferimento al semplice “rispettare la legge”, che comunque è fatta da altri uomini che potrebbero essere dei dittatori o comunque creare delle leggi “ad hoc” che non guardano al bene comune, ma a interessi specifici. Le religioni possono dare delle indicazioni, ma sconfinando nel dogma si rischia di spegne il pensiero critico. Ordunque come si scioglie questo nodo?
A mio avviso il principio morale di base a cui tutti noi dovremmo ottemperare è proprio il più classico dei classici: “a un palmo dal c**o mio fai come te pare”. Che possono essere due assunti di base validi, se non si incorresse in un dilemma: dove finisce la mia libertà e inizia la tua? O meglio quanto è grande questo “palmo” lontano dal quale io posso fare come mi pare? Esempio banale: se abito in un condominio e voglio sentire la musica alle 9 di sabato mattina, il regolamento condominiale non me lo vieta, ma provate a sparare a tutto volume Tiziano Ferro (come faceva un mio vicino di casa) e vedete se quello che dice il regolamento condominiale ha veramente un valore. Ma se riflettiamo un attimo, cosa veramente viene limitato in questo contesto? La mia libertà di voler fare come mi pare, perché nessuno vieta di sentire la musica, ma farlo a un volume elevato, se si vive in mezzo ad altra gente non è socialmente accettato. L’agire morale è quindi composto principalmente dal rispetto degli “spazi” altrui ma anche dei propri. Non dobbiamo dimenticare infatti che comportarci in un modo che non rispecchia i nostri principi ci renderebbe automi, porprio come Flanders o come tutti quei militari che davanti a episodi di violenza efferata hanno risposto “Eseguivo gli ordini”.
Forse proprio uno dei problemi che sta vivendo il nostro tempo è che abbiamo smarrito un paradigma di valori comuni che non è stato ancora soppiantato da un vero e proprio sistema, dopo la fine dei grandi sistemi di valori del passato. Questo dunque potrebbe essere un suggerimento per il futuro del nostro vivere sociale: iniziare a ripensare una scala di valori che non sia dettata dall’economia, dal consumo e dalle aziende, dalla religione o dallo scientismo, ma da un pensiero critico ampio e discusso che non sia sterile e ci possa far sentire a nostro agio con dei “valori morali” che non si rifacciano a epoche ormai lontane, non solo temporalmente ma anche e soprattutto, culturalmente.
1Dialogo Eutifone- Platone

Classe 1984. Laurea triennale in filosofia politica e specialistica in teoria della comunicazione. La filosofia è come un videogame: si può giocare a diversi livelli di difficoltà.